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Il Pavimento della Chiesa Abbaziale di Desiderio (1066-1071)

Entro il 1071, per volere dell’abate Desiderio (1058-1087), fu realizzato il pavimento a mosaico geometrico in marmi policromi della nuova chiesa abbaziale. Desiderio fece appositamente arrivare da Costantinopoli le maestranze specializzate nella tecnica del mosaico e acquistò a Roma i marmi necessari.

È possibile ricostruire l’aspetto originario del pavimento medievale grazie alla stampa pubblicata da Erasmo Gattola nel 1733 a corredo della sua storia dell’abbazia (Historia Abbatiae Cassinensis).

I resti superstiti del pavimento medievale furono visti e rilevati da Don Angelo Pantoni dopo il secondo conflitto mondiale. I brani più significativi, recuperati dallo stesso Pantoni, sono qui esposti.

 

 

La Storia

 

Leone Marsicano, che fu monaco a Montecassino al tempo dell’abate Desiderio (1058-1087), nella sua Cronaca paragona il pavimento in marmi policromi della chiesa abbaziale a un prato fiorito. Lo stesso Leone racconta come l’abate si fosse procurato a Roma marmi antichi e come avesse fatto arrivare artisti esperti da Bisanzio (Istanbul, oggi in Turchia) per recuperare le tecniche del mosaico e della tarsia marmorea (opus sectile).

Il pavimento fu rinnovato nel XIII secolo e successivamente risistemato dopo il terremoto del 1349, che distrusse l’edificio. Nel 1728 fu ricoperto da una nuova pavimentazione in stile barocco. Per questo motivo, anche se venne molto danneggiato dai bombardamenti del 1944. non fu distrutto completamente.

È possibile ricostruire l’aspetto originario del pavimento medievale grazie a molte testimonianze documentarie. Tra queste è importante una stampa pubblicata da Erasmo Gattola nel 1733 a corredo della sua storia dell’abbazia (Historia Abbatiae Cassinensis).

Il pavimento della chiesa abbaziale di Desiderio mostrava una composizione a rete formata da strisce di marmo bianco, con 66 riquadri decorati con la tecnica della tarsia marmorea (opus sectile). La sua realizzazione rappresenta una tappa fondamentale nella storia del mosaico pavimentale in Italia. Ispirò infatti i marmorari che operarono tra XII e XV secolo nell’Italia centrale e meridionale.

La Tecnica

 

Il pavimento della chiesa abbaziale di Desiderio è stato realizzato con la tecnica dell’opus sectile, in latino: «opera da taglio», un tipo particolare di mosaico o tarsia in marmi policromi.

Pavimenti in marmi policromi erano in uso già in epoca imperiale per gli ambienti più importanti e per i grandi spazi pubblici. Mentre nel mosaico venivano adoperate piccole tessere di pietra o di vetro, in questo tipo di pavimenti si usavano lastre di marmo di diverse qualità, tagliate in varie forme e combinate tra loro.

I marmi provenivano da diverse regioni del Mediterraneo ed erano di grande pregio. Per realizzare queste pavimentazioni era necessaria una attenta organizzazione del lavoro e una straordinaria precisione nel tagliare le lastre di marmo. I motivi decorativi erano soprattutto geometrici e floreali.

Tra il IV e il V secolo i pavimenti in marmi policromi si diffusero nelle chiese delle regioni orientali del Mediterraneo e nei territori dell’Impero Romano d’Oriente, conosciuto anche come Impero bizantino (da Bisanzio, antico nome della capitale Costantinopoli, oggi Istanbul).

Per tutto il Medioevo si realizzarono soprattutto motivi geometrici semplici con tessere più piccole di quelle classiche.

In Italia, si concentrano nell’area romana e laziale, mentre nelle regioni adriatiche prevale l’uso dei pavimenti in mosaico. In alcuni casi, le due tecniche sono impiegate insieme.

Il cantiere di Montecassino (1066-1071) ha avuto un ruolo decisivo per la rinascita e per il rilancio di questa tecnica nel periodo romanico (secoli XI-XIII), grazie alle competenze degli esperti artisti provenienti da Bisanzio, chiamati appositamente dal committente, l’abate Desiderio.

 

I Materiali

 

L’abate Desiderio, committente della nuova chiesa abbaziale (1066-1071), si procurò a Roma marmi, colonne e capitelli trasportandoli per mare fino alla foce del Garigliano, poi da lì a Suio e infine a Montecassino. Nel Medioevo, infatti, i marmi erano spesso prelevati dagli edifici classici e riutilizzati nei nuovi cantieri. I Fori imperiali diventarono la maggiore riserva di materiali marmorei.

Non è possibile stabilire con precisione quali marmi siano stati impiegati nel pavimento medievale di Montecassino. Nelle parti che sono giunte fino a noi, qui esposte, si possono ammirare i marmi più pregiati dell’antica Roma: porfido rosso antico d’Egitto, porfido verde antico lacedemone, calcare bianco detto ‘palombino’, marmo bianco lunense, marmo pario, astracane, pavonazzetto o frigio, fiordipesco o calcidico, breccia gialla, breccia africana, giallo antico aranciato, giallo antico di Numidia, rosso tenario, portasanta, greco scritto, bigio antico, cipollino imezio, cipollino caristio, granito bianco e nero, rosso sagario, breccia di sciro, bigio morato, broccatello di Spagna.

Il porfido è una pietra di origine vulcanica di un rosso porpora, colore storicamente legato al potere, che ha sempre avuto valori simbolici. Infatti, le ruote di porfido, in genere ricavate da colonne tagliate in orizzontale, venivano collocate in epoca classica e bizantina nei punti strategici lungo i percorsi dei cerimoniali di corte e nelle basiliche romaniche in punti prestabiliti e collegati alla liturgia.

 

I Motivi Ornamentali

 

Non sappiamo come si presentasse questo magnifico pavimento, ma nella stampa pubblicata dal monaco Erasmo Gattola nel suo volume (Historia Abbatiae Cassinensis del 1733) si possono individuare diversi motivi comuni al repertorio classico e bizantino, e presenti poi nel ricco repertorio romano cosmatesco.

soprattutto da figure geometriche regolari: quadrati, triangoli, rombi, esagoni e ottagoni che, combinati tra loro, formano altre figure geometriche più complesse (ad esempio; scacchiere, quadrati inscritti nel quadrato).

Alla base del motivo ornamentale vi è la scomposizione della superficie in disegni a rete geometrica regolare che guidano nell’accostamento delle tessere.

I motivi ornamentali usati nei pavimenti in marmo del Medioevo derivano, quasi sempre, dalla tradizione classica. La realizzazione di nuovi pavimenti, prevedeva spesso il riutilizzo di materiali antichi, incluse tessere già tagliate provenienti da vecchie pavimentazioni. Questo procedimento incoraggiava gli artisti a ricopiare i motivi di antica tradizione.

Nel pavimento medievale di Montecassino, disegnato nella stampa del Gattola, si potevano ammirare molti dischi marmorei (in latino rotae) circondati da altre decorazioni curvilinee a formare il cosiddetto quinconce, un motivo molto diffuso nelle pavimentazioni romane e bizantine. La parola dal latino quincunx, che vuol dire «cinque once», antica unità di misura, indica lo schema secondo il quale sono disposti i cinque punti della corrispondente faccia del dado.

 

I FRAMMENTI

Frammento con Motivo a Croci

 

Frammento con Motivo a Scacchiera

 

 

Frammenti con Motivi a Scacchiera e Geometrici

 

 

Frammento con Motivo a Spina di Grano

 

Frammenti con Motivo a dischi e a Scacchiera

 

Frammento con Motivi Geometrici a Scacchiera

 

Frammenti con Cani (Veltri)