Trasferendo i primi risultati di un articolato programma di ricerca dedicato al patrimonio artistico di Gaeta, l’iniziativa propone un percorso guidato tra le strade e i monumenti del cuore più antico della città, alla scoperta di 10 opere di pittura sacra.

L’itinerario si apre con una visita all’antichissima cattedrale dell’Assunta e allo sfavillante succorpo di Sant’Erasmo, vero capolavoro del barocco laziale che, oggi come ieri, colpisce il visitatore per i raffinati intarsi marmorei del napoletano Dioniso Lazzari (1617-1689) e per le toccanti pitture del romano Giacinto Brandi (1621-1691).

Dopo una sosta al vicino Museo Diocesano, per ammirare i capolavori di alcuni dei più grandi maestri della pittura partenopea come Luca Giordano (1634-1705) e Francesco Solimena (1657-1747), si procederà verso il Centro Storico Culturale che, oltre a una importante collezione d’opere medievali, ospita numerose testimonianze della civiltà artistica gaetana sei-settecentesca. A chiudere il percorso sarà la visita alla splendida chiesa dell’Annunziata e alla fascinosa Grotta d’Oro, un luogo che ospita il bellissimo ciclo pittorico di Giovan Filippo Criscuolo (1495-1570) e la devota Santissima Concezione di Scipione Pulzone (1540/1542-1598).

Percorso ideato e descritto da: Christian Bonaventura

Durata: 90 minuti

Siti e opere:

CATTEDRALE DELL’ASSUNTA E DEI SANTI MARCIANO ED ERASMO, Via Duomo, 24

1 ∙ Andrea Vaccaro, Santa Caterina d’Alessandria

2 ∙ Carlo Saraceni, Martirio di Sant’Erasmo

3 ∙ Giacinto Brandi, Martirio di Sant’Erasmo

MUSEO DIOCESANO, Piazza cardinale Tommaso de Vio, 4

4 ∙ Luca Giordano, Madonna del Silenzio

5 ∙ Giacinto Brandi, San Girolamo penitente

6 ∙ Francesco Solimena, Riposo nella fuga in Egitto

CENTRO STORICO CULTURALE, Via Annunziata, 1

7 ∙ Giovan Battista Beinaschi, Trionfo della Fede

8 ∙ Paolo De Matteis, Madonna del Pilar

CHIESA DELL’ANNUNZIATA, Via Annunziata, 21

9 ∙ Luca Giordano, Adorazione dei pastori

10 ∙ Luca Giordano, Crocifissione

 

1. Andrea Vaccaro (Napoli 1600 – Napoli 1670)

Santa Caterina d’Alessandria

Olio su tela, cm 208 x 150

Gaeta, Duomo

Cronologia: 1660 – 1670

Provenienza: Gaeta, Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria

 

Posta originariamente nella chiesa del monastero femminile di Santa Caterina d’Alessandria a Gaeta che accoglieva le fanciulle della miglior aristocrazia locale, l’opera testimonia l’ultimissima fase dell’artista napoletano, fondendo il classicismo romano-emiliano in voga a Napoli grazie agli esempi di Massimo Stanzione con la primigenia formazione naturalista di Andrea Vaccaro. La santa è rappresentata come una giovane d’alto rango circondata da una gloria di angeli, in cui probabilmente è già possibile ravvisare la collaborazione e la mano del figlio Nicola Vaccaro, intenti ad allontanare le nubi sopra di lei. 

 

2. Carlo Saraceni (Venezia 1579 – Venezia 1620)

Martirio di Sant’Erasmo

Olio su tela, cm 316 x 260

Gaeta, Duomo

Cronologia: 1610 – 1620

 

Questo dipinto, che ha subito un radicale restauro in seguito ai danni bellici del 1943, è firmato da Carlo Saraceni ed è da collocarsi intorno al secondo decennio del Seicento. Appartenente al gruppo delle grandi commissioni religiose di Carlo Saraceni, artista specializzato piuttosto in opere di formato ridotto, mostra una certa discontinuità stilistica tra il registro inferiore, ove i personaggi sono indagati con acuto senso realistico ed il registro superiore, ancora intimamente manieristico nella nitida architettura da cui si affaccia il gruppo degli astanti. 

 

3. Giacinto Brandi (Poli 1621 – Roma 1691)

Martirio di Sant’Erasmo  

Olio su tela, cm 190 x 130

Gaeta, Duomo

Cronologia: 1663 – 1664

 

Questa pala d’altare venne realizzata nell’ambito dei lavori di decorazione del succorpo del duomo intitolato a Sant’Erasmo, il quale venne celebrato dalla popolazione gaetana in riconoscimento del suo intervento miracoloso, grazie al quale la città rimase immune durante la grave ondata di peste del 1656. Dietro compenso di 150 ducati, nel 1663 Giacinto Brandi accettò l’incarico che portò a termine nel giro di un anno. Il linguaggio fortemente naturalista indugia sulla descrizione di ogni aspetto cruento del martirio, impaginato secondo un’idea compositiva tipica di Giacinto Brandi, con un affollamento di personaggi nel primo piano e priva di notazioni d’ambiente. 

 

 

4.  Luca Giordano (Napoli 1634 – Napoli 1705)

Madonna del Silenzio

Olio su tela, cm 206 x 181

Gaeta, Museo Diocesano

Cronologia: 1680 – 1690

Provenienza: Real Museo Borbonico (1853)

 

Giunta nel 1853 dal Real Museo Borbonico per la decorazione della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, questa tela è riconducibile alla produzione di Luca Giordano intorno agli anni Ottanta. Luca Giordano, come spesso successe nel corso della sua carriera, prese spunto per la composizione da un’incisione, in questo caso dell’artista fiammingo Cornelis Galle il Vecchio, alterandone alcuni dettagli. La tela raffigura infatti la Vergine in lettura con in braccio il Bambino dormiente, assumendo l’interpretazione del “Silenzio”, suggerita dal gesto di uno dei tre angeli sulla destra. L’intonazione pastorale e la maggior semplicità compositiva denotano un’incipiente inclinazione classicista di Luca Giordano sotto le suggestioni artistiche del coevo Carlo Maratta. 

 

5. Giacinto Brandi (Poli 1621 – Roma 1691)

San Girolamo penitente

Olio su tela, cm 120 x 98

Gaeta, Museo Diocesano

Cronologia: 1660 – 1670

 

Proveniente dal Monastero della Santissima Trinità di Gaeta, l’opera risale con buone probabilità al soggiorno gaetano di Giacinto Brandi intorno alla seconda metà degli anni ’60 del Seicento. Riprendendo una fortunata formula compositiva proposta originariamente da Jusepe de Ribera, qui il Brandi rappresenta il santo eremita di tre quarti in uno stile drammatico di vigorosi effetti chiaroscurali. Il santo, avvolto in uno svolazzante, ma quasi statuario, manto rosso cardinalizio, si volge verso l’alto, al risuonare della tromba del Giudizio sullo sfondo di fosche nubi. 

 

 

6.  Francesco Solimena (Canale di Serino 1654 – Barra 1745)

 Riposo nella fuga in Egitto

 Olio su tela, cm 320 x 159

 Gaeta, Museo Diocesano

 Cronologia: 1686 – 1690

 Provenienza: Real Museo Borbonico (1853)

 

Donata nel 1853 da Ferdinando II dal Real Museo Borbonico per la decorazione della nuova chiesa di San Francesco, è un esempio della fase giovanile di Francesco Solimena, ancora visibilmente influenzato da Luca Giordano, ma con già incipienti interessi verso il luminismo di Mattia Preti. La densa e dettagliata vegetazione esotica dello sfondo su cui si stagliano le monumentali figure della Sacra Famiglia rimanda alle Metamorfosi dello stesso Luca Giordano, mentre il pastore sulla destra che indica la via a San Giuseppe risulta essere evidentemente un ritratto, il cui soggetto non è ancora stato precisamente identificato. 

 

7.  Giovan Battista Beinaschi (Torino 1636 – Napoli 1688)

Trionfo della Fede

 Cronologia: 1675 – 1680

Olio su tela, cm 202 x 275

Gaeta, Centro Storico Culturale

Provenienza: Museo Nazionale di Capodimonte (1938)

L’opera rappresenta un’allegoria con la figura della Fortezza al centro, affiancata da un leone al lato del trono che volge lo sguardo al gruppo delle Virtù (Giustizia, Fede, Carità e Mansuetudine), mentre sulla sinistra si affollano le personificazioni della Malattia e del Peccato. La regia dei lumi, balenante e a forti contrasti, dà risalto alla componente naturalistica desunta dagli esempi di Mattia Preti ed alle forme tonde e corpose memori di Guercino. Il dipinto pervenne sotto consegna dai depositi del Museo Nazionale di Capodimonte nel 1938 come opera di ignoto autore napoletano per decorare l’appena rinnovata chiesa di San Domenico.  Fu Mario Alberto Pavone a ricondurla alla mano di Giovan Battista Beinaschi, in particolare alla sua produzione degli anni Ottanta, durante il suo secondo soggiorno napoletano.  

 

8.  Paolo De Matteis (Piano Vetrale 1662 – Napoli 1728)

 Madonna del Pilar

 Cronologia: 1705

 Olio su tela, cm 240 x 227

 Gaeta, Centro Storico Culturale

 Provenienza: Museo Nazionale di Capodimonte (1938)

 

Appartenuta al collezionista Alfredo Bourguignon che nel 1880 la donò al museo di San Martino, l’opera rappresenta l’apparizione della Madonna su una colonnina a San Giacomo, la cosiddetta Madonna del Pilar, celebrazione in terra napoletana di una devotio cara agli spagnoli. Chiaramente impiantata su un’idea compositiva di Luca Giordano, l’opera manifesta gli influssi ricevuti dalla cultura figurativa romana e francese che conducono Paolo De Matteis verso una pittura più trasparente e classicheggiante. Pervenuta dai depositi di Capodimonte nel 1938 per la decorazione della chiesa di San Domenico, l’opera è datata e firmata dal De Matteis, risalente all’anno del suo ritorno dalla Francia.

 

Luca Giordano (Napoli 1634 – 1705)

 9. Adorazione dei pastori

Cronologia: 1678 – 1685

Olio su tela

cm 300 x 207

Gaeta, Chiesa della Santissima Annunziata, altare laterale destro

 

10. Crocifissione

Cronologia: 1678 – 1685

Olio su tela

cm 298 x 206

Gaeta, Chiesa della Santissima Annunziata, altare laterale sinistro

 

Queste due tele furono realizzate come pendant da Luca Giordano intorno alla seconda metà degli anni Ottanta del Seicento, subito dopo la decorazione di Palazzo Medici Riccardi a Firenze e poco prima di partire per Madrid, dove era stato chiamato da Re Carlo II per decorare l’Escorial. Le due tele rappresentano infatti le tendenze stilistiche espresse dall’artista napoletano alle soglie dell’ultimo decennio del secolo, oscillando tra visioni in chiaro ed altre di tipo tenebroso e nella resa della contrapposizione dello spettacolo della tenerezza e quello della morte. Vediamo infatti nella Natività del Bambino come Luca Giordano si ispiri alla tela di Guido Reni per la Certosa di San Martino, aggiungendovi però un’atmosfera dilatata in cui il folto coro d’angeli suggerisce un flusso di movimento continuo sull’esempio di Baciccio e di Gian Lorenzo Bernini, mentre il colore assume quella lucentezza e trasparenza di gusto già settecentesco. Nella Crocifissione invece, Giordano ripensa sempre a Guido Reni, ma in uno stile più classicizzato, in cui le fisionomie si manifestano più fini e ben levigate ed in cui emerge il deciso contrasto tra le forme livide del primo piano ed il fondo grigio, concentrandosi sulla drammaticità dell’evento e sull’espressività dei pochi personaggi presenti.